Ad affermarlo Loretta Lamberti docente dal 2017 dell’Alta Scuola di Pelletteria
«Quello che non deve mancare è la passione ma non esiste un’età ideale per imparare il mestiere del pellettiere». È con queste parole che Loretta Lamberti inizia a parlare del suo percorso professionale nel settore. Loretta dal 2017 è docente dell’Alta Scuola di Pelletteria Italiana dove insegna l’uso delle macchine da cucire e assiste al banco nella sede di Pontassieve.
Quando ha mosso i primi passi nella pelletteria?
«Erano gli anni ’70 e avevo 15 anni quando ho iniziato il mio percorso in un laboratorio artigianale di Rovezzano. Mi presero per il lavoro di banco e così iniziai a fare le prime “masticiature”. Mi piaceva tanto anche a confronto con l’impiego che avevo ricoperto in precedenza in un’argenteria dove operavo seguendo una catena di montaggio, che non mi permetteva di imparare niente di nuovo. In pelletteria, invece, ben presto sono passata dal banco alle cuciture a macchina, grazie a una collega che mi ha insegnato questa pratica nell’ora di pausa, dietro mia richiesta. Questo mi ha permesso di entrare a lavorare da Braccialini dove sono rimasta per trent’anni, anche nel ruolo di responsabile macchina».
Cosa l’ha aiutata ad avere in pugno il lavoro?
«Sono sempre stata curiosa di apprendere come si realizzano gli articoli in pelle. Ho sempre “rubato” con gli occhi dai più esperti. Oggi cerco di stimolare nei ragazzi proprio quella curiosità, insegnando loro a osservare i lavori fatti dagli altri perché in questo modo si riescono a carpire piccole tecniche altrui, strutturando via via la propria».
Quante persone ha formato fino a oggi?
«Circa 200 persone. Con alcune sono rimasta in contatto anche post corso».
«Bisogna mettere testa e cuore quando si fa un lavoro artigianale, farlo con piacere. Si viene ripagati vedendo crescere nelle proprie mani il prodotto sulla base della propria manualità ed esperienza».
Perché le piace insegnare pelletteria?
«Mi sentivo ancora in grado di lavorare post pensione. L’idea di insegnare mi è piaciuta sin da subito per la possibilità di trasmettere ad altri il mio sapere, così come è sempre stato per me. Mi gratifica il fatto che possa servire a chi ha voglia di apprendere per entrare nel mondo del lavoro».
Qual è il vantaggio di seguire un corso professionalizzante?
«Essere guidati secondo le proprie inclinazioni e capacità, venendo così indirizzati verso il percorso più idoneo. Alla macchina, per esempio, bisogna avere manualità su come tenere la borsa, gestirla sotto la macchina, riuscire a montare un pezzo nel breve tempo e con precisione. Si capisce subito chi è portato e chi non lo è. In questo ultimo caso si consiglia di provare altre pratiche come lo stare al banco dove si possono trovare altri indirizzi. A volte su quindici ragazzi che seguono i corsi solo tre diventano macchinisti: non si può tenere alla macchina chi non è portato, bisogna tenere il punto fermo e farglielo capire con chiarezza. Il nostro compito di insegnanti è anche questo».