Chi l’avrebbe mai detto con questi chiari di luna nelle economie mondiali? Nel 2012 l’export del sistema moda italiano è cresciuto del 3,6% a 51,2 miliardi, frantumando il record precedente di 49,7 miliardi realizzato nel lontano 2001, in tempi di vacche grasse. Sono poco meno di 1,8 miliardi in più rispetto al 2011, ma il rimbalzo è addirittura di 12,7 miliardi rispetto al picco negativo del 2009, l’anno in cui, subito dopo il crack della Lehman Brothers, il mondo sembrava essere precipitato nel baratro. Già nel 2011 si era arrivati a 49,4 miliardi, circa 200 milioni sotto il precedente primato del 2007. E, tanto per avere un’idea del track record, esattamente vent’anni fa l’export era l’equivalente in lire di 22,7 miliardi di euro.
I dati sono stati elaborati dal Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo per Moda24, ed evidenziano dunque la straordinaria capacità di rilanciarsi delle imprese del settore: l’analisi somma infatti le performance sui mercati internazionali di abbigliamento, calzature, pelletteria, occhiali, oreficeria e bigiotteria, oltre che di filati e tessuti, l’unico segmento in controtendenza, soprattutto a causa della caduta delle vendite ai confezionisti dell’Ue a 27.
«La moda italiana – commenta Stefania Trenti, economista del Servizio studi e ricerche di Intesa Sanpaolo – si conferma anche nel 2012 tra i principali campioni dell’export manifatturiero italiano con quasi 1,8 miliardi aggiuntivi rispetto all’anno precedente. I buoni risultati sottolineano la forza della nostra filiera produttiva integrata e l’importanza del processo di riqualificazione dell’offerta avvenuto negli ultimi anni, che ci ha portato alla leadership sui mercati internazionali nella fascia alta della gamma».
I RE DEI MERCATI
Nell’export italiano del sistema moda il re e la regina sono le scarpe e le borse, una delle eccellenze italiane riconosciute in tutto il mondo: nel 2012 hanno garantito alle imprese made in Italy ben 912 milioni di euro in più dell’anno precedente, arrivando alla ragguardevole somma di 16,5 miliardi, in aumento del 5,9%. Un risultato reso possibile dal balzo dell’11,2% registrato sui mercati extra-Ue che, in valore, hanno superato per poche centinaia di milioni quelli comunitari, comunque in lieve incremento (+0,6%). Pur essendo dimensionalmente circa un terzo rispetto all’industria della filiera pelle e a quella dell’abbigliamento, la miglior performance è quella messa a segno da oreficeria e bigiotteria: +10,9% a 5,6 miliardi, con 550 milioni di incremento dell’export rispetto al 2011.
LA PENETRAZIONE EXTRA-UE
Nel futuro, anche imminente, del sistema moda italiano è comunque indispensabile puntare con decisione verso i mercati extraeuropei, quelli che in questo momento dimostrano di avere fame del made in Italy: una strategia che sembra semplice per i big brand del settore, ma che si rivela invece oltremodo complessa per chi ha una dimensione piccola o media, come la stragrande maggioranza delle imprese in questo campo.
«L’analisi dei dati disaggregati – rileva ancora Trenti – evidenzia come la quota di imprese italiane della moda che esportano sui mercati al di fuori dell’Unione a 27 è pari al 16,6%. Si tratta di una quota più elevata rispetto agli altri Paesi europei produttori di moda: dalla Francia alla Germania, passando per la Spagna. I dati relativi alle esportazioni della Germania, peraltro, sono influenzati in realtà da una intensa attività di trading».
Nonostante questa ottima percentuale, sarebbe ovviamente auspicabile una maggiore attività sul fronte dell’export, soprattutto a causa dell’assoluto congelamento dei consumi domestici in corso ormai da molto tempo. «Ciò vale – die ancora Trenti – soprattutto per le industrie dell’abbigliamento e per quelle di taglia minore, che tuttavia spesso esportano indirettamente, lavorando come subfornitori qualificati per i marchi più grandi e strutturati» (si veda anche la puntata dell’inchiesta sulla “questione industriale” sul Sole 24 Ore del 16 aprile).
IL CONFRONTO COMPETITIVO
La quota di imprese esportatrici nei mercati non-Ue a 27, infatti, sempre secondo Intesa San Paolo, è del 16,3% in Francia, del 15,3% in Germania e del 12% in Spagna. Se si considerano invece le imprese del sistema moda che esportano nei mercati dell’Unione europea a 27, la Germania stravince con il 30,8% del totale, rispetto al 19,8% dell’Italia, al 16,3% della Spagna e al 10,1% della Francia.
Se si confrontano i dati del sistema moda italiano con quelli del totale della manifattura nazionale emerge che le imprese esportatrici nella Ue a 27 sono sostanzialmente in linea (rispettivamente 19,8% contro 20%) e registrano una performance decisamente più brillante rispetto al totale delle imprese italiane, ferme al 4,2%. Sui mercati extra Ue a 27, invece, il tessile-abbigliamento-pelletteria viaggia un po’ più rapidamente della manifattura nel suo complesso (16,6% contro 15,9%) e anche qui molto meglio del totale delle imprese italiane (3,3%).
Paola Bottelli
Fonte: Moda24.ilsole24ore.com